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copertina

L’eco

Autore: Paola Faccioli
Pubblicato nel 2016
Pagine 128
ISBN 9788867407668

 

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Il Libro

Disponibile anche in ebook

“La tela era appoggiata sul cassettone davanti allo specchio e il bagliore dei lampi l’illuminava. Una creatura meschina stava ravvolta su se stessa nel cuore di un bozzolo grigio; il suo volto cinereo, simile a quello di Alma, esprimeva la povertà di chi non possiede nulla o di chi ha tutto perduto, che è comune ai nati prima del tempo e ai vecchi che la morte rifiuta.”

Ne “L’eco” (che possiamo considerare un ‘racconto lungo’, via intermedia fra le numerosissime short stories e i romanzi veri e propri) l’anima bella, inerte ed inerme, è quella di una giovane (c’è bisogno di aggiungere “di famiglia borghese”?) che la morte del fratello ha inchiodato a un ruolo di vittima a tutti gli effetti: i genitori, incapaci di accettare la scomparsa dell’adorato figlio maschio, non le hanno perdonato di essergli sopravvissuta. Quando entra in scena il presunto “sotér”, colui che nelle favole aiuta il protagonista a conseguire dopo varie prove il meritato premio, non è per operare un salvifico capovolgimento, ma piuttosto – come spesso accade nelle storie della Faccioli – per suggellare definitivamente la condanna alla non-esistenza. Alma, nonostante il suo nome così classicamente carico di energia vitale, non “deve” di fatto “vivere”. La sua assurda, anche irritante sottomissione – altra caratteristica delle figure femminili di Paola – accompagnata da una sorta di umile e misericordiosa finzione (parlando del perfido marito lo definisce “chiuso e triste”, proclamandosi simile a lui) la conduce in tal modo all’isolamento totale.
Tutto questo nella prima parte, nella sezione intitolata appunto “Nell’isola”; il titolo della seconda, “Nel mondo”, parrebbe favorire la speranza di una riabilitazione, e in effetti introduce una terza figura, che resta però senza identità (“la Ragazza” è il suo unico appellativo). Sul rapporto fra le due donne si impernia – come in “Persona” di Ingmar Bergman – il secondo atto del dramma, e l’autrice si manterrà ancora una volta fedele ai dettami implacabili della sua poetica.

Dalla postfazione di Silvio Raffo