Facendo riferimento alle lettere scritte da Leone Ginzburg durante il confino a Pizzoli e attraverso costanti rimandi alle opere letterarie ideate dalla moglie Natalia nello stesso periodo, il testo ricostruisce dettagliatamente la vita della giovane coppia di intellettuali durante il forzato soggiorno in Abruzzo. I due protagonisti della cultura italiana, insieme ai figli Carlo, Andrea e Alessandra (nata a L’Aquila nel marzo del 1943), trascorsero circa tre anni a Pizzoli, dove Leone – antifascista di origine ebraiche – era stato forzatamente mandato durante i primi anni della Seconda guerra mondiale. Nelle intenzioni del regime il paese abruzzese sarebbe dovuto essere un luogo di esilio, ma la popolazione locale si rivelò inaspettatamente accogliente e affabile verso Leone e Natalia, rendendo meno doloroso il loro allontanamento dai luoghi cari e dai visi amici. Leone e Natalia furono costretti a trasferirsi nell’aquilano a causa del loro impegno intellettuale contro il regime, tuttavia i pizzolani compresero il dramma che stava vivendo la giovane famiglia e molti di loro si strinsero attorno ad essa affascinati dall’intelligenza di Leone e conquistati dall’umanità di Natalia. La scrittrice, che durante il confino firmava le sue opere con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte, nel suo racconto Inverno in Abruzzo evocherà il soggiorno a Pizzoli come il “tempo migliore della mia vita”.