Oggi ancora la ricordo, quando, languida e stanca la mattina per la veglia di amore, inclinando per pudore il volto e le tremule stelle dei grandi occhi, si volgeva come cigno regale su lago di gaudio fiorito di loto.
Un canto di amore disperato, fino alla morte, oltre la morte.
Da queste cinquanta strofe, scritte fra l’XI e il XII secolo d.C., è nata una leggenda indiana: una storia d’amore segreta fra l’uomo, rappresentato dal poeta, e la figlia di un re finisce con l’essere scoperta da quest’ultimo che condanna a morte il malcapitato. Gli verrà tuttavia concessa un’ultima arringa per cercare di guadagnarsi il perdono. Le sue ultime, strazianti parole d’amore commuoveranno a tal punto il re da concedergli la grazia.
Ma questo è soltanto il finale della leggenda, perché nel componimento di Bilhana del Kashmir la storia si conclude con il tragico ordine, dato dal condannato al carnefice, di tagliargli la testa.
