A cura di Luciana Montagnani
L’opera ha un’originale struttura compositiva, che si articola in dieci capitoli in prosa, che terminano con un brano in versi. Tale alternanza di prosa e poesia, che richiama alla mente l’Enrico di Ofterdingen di Novalis, ha un ruolo rigorosamente funzionale agli intenti dell’opera: mettere a nudo l’esistenza “sdoppiata” di Cecilija, la frattura tra la vita reale, sottomessa alle inappellabili regole del decoro e delle convenienze sociali, e la vita dello spirito, dell’inconscio e dei suoi fantasmi. La Pavlova ricorre alla prosa per raccontare l’esistenza diurna che Cecilija conduce in società, società di cui la scrittrice fornisce una descrizione satirica acuta e impietosa; al giorno segue la notte, alla veglia il sonno, ed è in poesia che vengono dispiegati di fronte a noi i sogni e le visioni notturne di Cecilija, che smascherano «i lineamenti di quell’intima, bellissima e immortale Psiche che vive invisibile in questa bambola». Nella dimensione onirica prende forma ciò che nella veglia vive dentro di lei informe e indecifrabile, e il vuoto diurno, fitto di fisici corpi senz’anima, si “riempie” d’una spettrale presenza.