Frank Spada Doppio Marlowe
Liscio e senza ghiaccio |
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“Accendo una sigaretta per darmi un tono distaccato ma deciso – come fossi un giudice che deve sentenziare se tra due persone morte, eliminatesi a vicenda, faccia differenza la simultaneità del fatto.”
Il tempo che non muore è quello che ritorna? Pare di sì, se questa volta, mentre presenzia al funerale di un amico, Marlowe incontra un irlandese conosciuto da bambino, che gli lascia una busta con il mistero del passato, e un tesoro, per poi svanire dalla scena inghiottito nel ventre di una nave di Cape Town. Dopo Marlowe ti amo e Dimmi chi sei, Marlowe, Frank Spada tesse nuovamente la sceneggiatura di un film d’epoca, dove gli indizi si configurano come misteri ai quali solo il tempo può dare soluzione. L’incarico di svolgere un’indagine sul fratello di una “lady in passerella”, accusato di omicidio, porta Marlowe a varcare una linea di confine parallela all’Oceano Pacifico, costringendolo a far ruotare gli assi della Olds a Las Mesas e a contabilizzare la strada percorsa da un’automobile che è un mito con gli squillanti dollari di un libretto al portatore. Neppure chi comanda il “caso” può sottrarsi al gioco, e rischia di trovarsi messo a nudo per i suoi rapporti con gli agenti federali. Per Marlowe, e per il suo inseparabile doppio impegnato a esercitarsi con lo spirito, non sarà difficile capire che un tesoro maschera un traffico pesante e che l’identità di un morto non può essere provata da un cadavere con qualche dito in meno.
California e dintorni, anni Cinquanta, e come sempre il jazz che aumenta i giri degli imprevedibili pensieri di un autore che mantiene le promesse: complotti, sotterfugi, suspense, colpi di scena, citazioni, richiami cinematografici, dialoghi incalzanti, e le metafore celate in una “scrittura” che catturerà il lettore per la sua originalità.
Frank Spada
“Ve lo dico io chi è Frank Spada.
Anno non ben definito in un luogo non identificato, i cui contorni sono disegnati da una scia di un fumo blu che si posa su spalle che dondolano al ritmo di quella grande invenzione che fu il Jazz…”
Valentina Contarino – Carta e Calamaio
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“Interpretando Frank Spada – Letteratura, musica, fotografie e assenze” ispirate dal libro Marlowe ti amo.
Ecco le foto che hanno concorso:
http://pinterest.com/frankspada/
“…e tre! mi dispiace di essere arrivata alla fine della trilogia. Stavo bene in compagnia del mio vecchio amico, lo scorbutico Marlowe, quello che ti spoglia con un solo sguardo, ma non ha occhi che per la sua puledrina. E’ vero, ogni tanto, fra “pollicini” e anelli di fumo, si perde in floridi balconcini senza mai scordare la bella di turno che richiede i suoi servigi. Per risolvere intricati problemi delittuosi. Lui, in eterna bolletta, accetta l’incarico, in combutta col suo compare, un bacio a ma’ e un consiglio da pa’. Il commissario Santini lo tiene d’occhio ma non sempre il ragazzo rispetta le regole. E questo è quanto, non m’interessa la trama, la conosco… ciò che mi affascina è il ricordo che affiora del volto imbronciato di Robert Mitchum, il cappello all’indietro, gli occhi semichiusi: è lui il Marlowe perfetto, sbucato fuori dai “gialli” di Chandler, nella calura umidiccia che fa tanta atmosfera anni ’50 made in USA. Lo seguo, e nel suo saltare da un film all’altro, al suono incantante dei grandi del jazz, ripercorro un tratto della mia vita. Eccitata all’idea di quanto quei film, quei nomi, mi siano rimasti nella memoria, pronti a balzar fuori già dalla prima nota, dalla prima allusione. Come un gioco perfettamente realizzato da uno pseudonimo che per caso ha lo stesso mio cognome. Ehi, Frank, sei grande!
(anche se non ti perdono la descrizione dell’abbigliamento di Marlowe: camicia bianca, cravatta a fiori, gessato marrone, cappello color tortora ravvivato da nastro di seta senape… per fortuna i film sono in bianco&nero! ma apprezzo il riscatto della allusione a The Dubliners e Dedalus: “…che lascia filtrare dal bianco spessore dei selciati il canto de “I morti”, che ti illumina le orecchie per un tratto della vita che hai percorso dentro un dedalo, per raggiungere chi insegui a Honolulu: il punto dove Oriente e Occidente si incontrano.”).”
“Ehi, Frank, sei grande!”, recensione di Clara Spada
“Rispetto ai lavori precedenti, Doppio Marlowe segna un’evoluzione linguistica verso un maggiore uso di figure retoriche che rendono l’intero impianto narrativo pirotecnico e virtuoso, anche grazie alle citazioni culturali sparse nelle pagine, prima tra tutte quella che, richiamandosi a James Joyce, fa rivivere un inedito Stephen Bloom ed evoca l’ombra di Charles Stewart Parnell.”
Lorenzo Strisciullo – Mangialibri
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“Spada è sicuramente uno scrittore dotato di uno stile narrativo unico e di grande efficacia espressiva.”
Valeria Valletta – La Stamberga dei Lettori. com
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Cristina Orlandi su Officine Worth recensisce i primi 3 romanzi della serie di Frank Spada, in attesa dei prossimi.
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“Suonala ancora… Frank: il jazz protagonista anche di Doppio Marlowe, il terzo romanzo di Frank Spada.”
Carla Casazza – Book Avenue
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“Marlowe, l’investigatore sgualcito e in eterno contrasto col suo ‘doppio’, torna in pista per una nuova indagine – questo nuovo romanzo di Frank Spada conferma un sospetto nato con la lettura dei due precedenti: l’hard boiled e le atmosfere anni ’50 sono solo un pretesto per fare letteratura.”
Carla Casazza – Scrivere è vivere
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“Un mondo che attrae e fa sognare il lettore, estraniandolo senza farmaci soporiferi, anzi, con sorsate frizzanti di una lingua immaginifica.”
Andrea Masotti
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“Il finale, che è di poche righe, sorprende nella sua naturalezza lasciando il lettore con un sorriso e un pensiero: anche questa volta il caro vecchio Marlowe ha fregato tutti.”
Nadia Zapperi – Scrignoletterario.it
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“Frank Spada mostra di avere un naturale talento nel tessere discorsi e personaggi. L’indagine sulla morte del suo amico Conny riserva al lettore una bella storia e un finale sorprendente.”
Fabrizio Santuccio – Scaffali Virtuali
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“Una storia affascinante, un personaggio gigantesco, uno scrittore sorprendente.”
Igor De Amicis – Thriller Magazine
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“Marlowe raddoppia e sbanca.”
il Friuli (5 agosto 2011) – www.ilfriuli.it – Cultura – pag. 27
“Un romanzo intenso che, tra una citazione e un riferimento cinematografico, riporta il lettore nella California degli anni Cinquanta, insieme a Marlowe e a chi non lo lascia mai solo, magari non visibile ma sempre assolutamente presente.”
Maria Guidi – Libri e Recensioni.com
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“Terzo capitolo della fortunata serie dedicata a Marlowe, il detective sopra le righe che in sella alla sua Olds ci scarrozza lungo la West Coast accompagnandoci con un costante sottofondo jazz. Se la suspense e i colpi di scena che caratterizzano il racconto ci tengono con le orecchie tese e il fiato sospeso, le sequenze da film in bianco e nero a cui l’autore ci ha piacevolmente abituati, si arricchiscono di flashback e riflessioni che sospingono il caso sullo sfondo alimentando il mistero che avvolge la figura del protagonista. L’autore ci fornisce così nuovi elementi che, se collocati nel quadro d’insieme dell’opera, possono essere letti come indizi tesi a configurare e risolvere il giallo che ammanta la complessa personalità di Marlowe.”
Miriam Mastrovito – Strepitesti
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Frank Spada intervistato da Graziano Braschi su Thriller Magazine
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Frank Spada, un nom de plume di quelli che sono in grado di lasciare il segno. Servono un paio di pagine per riuscire a guardare con gli occhi del Marlowe di Spada e per sentire con le sue orecchie, questo va detto, perché la scrittura che ci coinvolge è tanto particolare quanto elegante e valida; sono due pagine che passano in fretta, comunque, come i giri a vuoto di un LP che fruscia di polvere e di magia sotto il graffio vitale della puntina. In attesa che la musica inizi a trascinarci con sé per ritrovarla in Appendice, solco dopo solco, romanzo dopo romanzo, in una trilogia.
Paolo Franchini – VareseNoir
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Marlowe, e Frank Spada colpisce ancora. Con una tecnica eminentemente jazzistica, lo pseudonimo scrittore improvvisa sulla melodia chandleriana senza tradirla, la evoca, ma non la ripercorre: un gioco di citazioni si potrebbe dire contrappuntistiche, quasi a voler creare una seconda voce mai perfettamente sovrapponibile
all’originale.
m.t.m – Il Messaggero Veneto
Cominciamo dalla copertina, una fotografia in bianco e nero di Dennis Stock di S. Diego, 1968. Dennis Stock è un grande fotografo, uno che ha lavorato per la rivista Life, che ha fatto una delle foto più famose di James Dean, ritraendolo mentre cammina sotto la pioggia, ed è una foto struggente, perché c’è già tutta la storia di Dean dentro, gioventù e solitudine in quel suo andare impavido controcorrente, come nella passeggiata sotto l’acquazzone.
Se la foto scelta da Frank fosse un dipinto, potrebbe essere di Dennis Hopper, iperrealista ed emblematica con quella strada che sembra finire nell’oceano, e che invece svolta bruscamente contro ogni logica in una curva da lasciarsi davvero tutto alle spalle, una svolta definitiva in quello che s’immagina sia un tramonto.
Ma Dennis Stock è anche il fotografo che ha ritratto i protagonisti del jazz dell’epoca, raccogliendone i ritratti in un libro, che si chiama Jazz street. Vedete dunque come tutto sia straordinariamente accurato in questo libro, come del resto negli altri due.
Credo che non si possa fare un torto maggiore all’autore che chiuderlo nei confini di una storia hard boiled, o noir se preferite, giacché uno scrittore è uno scrittore, se lo è, al di là dei generi, per quanto la storia, l’impalcatura intendo, possa essere godibile e il personaggio entrato ormai nell’immaginario dei suoi lettori. Un Marlowe impercettibilmente più duro, che in qualche modo “gioca” sempre, ma dietro si sente il cambiamento, ed è come se fossero passati molti più anni ed esperienze di quanto il tempo non ci dica, e che ci rivelasse molto più di sé e della sua doppia ombra, il compare, cioè, ma anche l’autore. Ce lo rivela a suo modo, nella scrittura di Frank Spada che qui ha davvero trovato la sua misura, una scrittura che osa sapendo di poterlo fare, così densa di richiami, di riferimenti e che piuttosto che una scrittura criptica, destinata a lettori colti e preparati a coglierne tutte le sfaccettature, è in qualche modo aperta a quello che il lettore ci troverà, seguendo una traccia che non è mai banale e che coinvolge chi legge perché non sia spettatore degli eventi, ma direttamente chiamato in causa non solo nell’avventura di Marlowe, ma in un’avventura intellettuale che spazia ben oltre i confini della “storia”. Che continuerà, speriamo, lungo le strade di quella California che sembrano sempre precipitare in mare, salvo che all’ultimo istante, come dovrebbe accadere anche nella realtà e qualche volta veramente accade.
leila mascano · 23 giugno 11
Vorrei commentare un brano a pag. 98 di Doppio Marlowe, che mi è piaciuto particolarmente. Credo che sia il pezzo che mi ha maggiormente colpito in tutto il libro, e quello che non so perché mi ha ha fatto venire in mente Il terzo uomo, forse per l’atmosfera tenebrosa in cui si svolge l’inseguimento finale nelle fogne di Vienna, e che ha tutte le connotazioni di un incubo che anch’io conosco bene.
Il capitolo è scritto magistralmente, e conferma che la storia noir è solo un pretesto Questo è il brano di uno scrittore, uno scrittore che ha tutte le carte in regola per esserlo; una prova difficile perché se come dice Borges “é difficile descrivere un mal di denti” non è da tutti descrivere l’angoscia con un meccanismo così perfetto da far pensare alla complessità di un orologio, e non nomino a caso uno strumento che scandisce il tempo, quel tempo che ci perseguita non meno dell’ignoto inseguitore alle spalle, un tempo che si estende lungo un cunicolo buio “tra due pareti di silenzio, due superfici parallele, due specchi contrapposti”, eppure il luogo non c‘è, è “ uno spazio che si comprime”, infinito e claustrofobico insieme, e la fuga disperata che diventa inseguimento obbligato lungo “una retta definita solo da un’intenzione senza posa, nel susseguirsi di infiniti fotogrammi persi negli spazi laterali”. Il protagonista del sogno-incubo fugge dunque, ma nello stesso tempo è obbligato a inseguire qualcosa o qualcuno che resta ugualmente confuso, così come oscura e terribile è la minaccia alle sue spalle: ma alla volontà di fuga, al mulinare velocissimo dei piedi non corrisponde una traccia reale d’essersi mai mosso, benché il piano che calca diminuisca in profondità e la distanza che separa l’inseguitore da lui si accorci a ritmo impressionante, e la sua corsa precipiti in un vortice: “Avverto il senso di un dolore, appuntito, che mi preme sulla nuca, che s’incunea dentro un globo con l’orribile rumore della dimensione del silenzio, poi lo squarcia; trapassandolo come un meteorite che continua la sua corsa nel cosmo senza fine.”
Penso che basti leggere questa frase che conclude il brano per capire la qualità di scrittura di Frank Spada, che è altissima, concreta e surreale insieme, e che raggiunge talvolta i vertici della poesia.
Accade qualche volta che il tempo degli orologi, che avanza idealmente in linea retta, non sia più il nostro, che viceversa come un metronomo registra un tempo circoscritto, per così dire “fermo”, scandendone solo il ritmo, e la nostra vita, che muovendosi in sincronia col tempo s’illudeva di dominarlo e di possederlo, si accorga viceversa che esso avanza con la forza dell’ineluttabilità, asincrono e veloce rispetto al tempo “immobile” del nostro metronomo interno. Questo fenomeno non è per forza legato all’età biologica quanto piuttosto alla difficoltà di adeguarsi ad una realtà esterna che indubbiamente è minacciosa. Il destino dell’uomo è una scintilla tra due spazi bui, e la grandezza e l’orrore della condizione umana è che siamo i soli a saperlo. Credo che poiché questa sia la mia idea, trovo che non si potesse dare ad essa una rappresentazione simbolica più affascinante di questa.
leila mascano · 10 luglio 11
Il mio amato Marlowe è tornato!
Questa volta l’ho letto lentamente, assaporando parola per parola, centellinandolo per non farlo finire troppo in fretta.
Amo anzi adoro questo linguaggio di Frank, questa sua particolarissima e originale scrittura, mi è vicina al cuore e ci arriva diretta.
Le parole sono dense di significato, di metafore e impregnate dell’emozione che lo scrittore vuole trasmettere. Non solo, ma creano quell’atmosfera rarefatta degli anni ‘50, ricreano le scene in bianco e nero con sottofondo musicale, con personaggi coerenti e accattivanti e ti risucchiano vorticosamente nella storia e nell’ambiente.
Frank tratteggia un Marlowe con molte sfaccettature, così vero e umano da sentirlo vicino al cuore.
Come si fa a non amarlo? A presto Marlowe, io ti aspetterò!
Claudia · 7 agosto 11